Non saprei descrivere con parole la luminosità vaporosa che fluttuava sotto i nostri occhi nei fondali marini del Mar Rosso. La purezza dei contorni, la soavità dell’insieme, il degradare dei toni, l’armonia del cielo, del mare, della terra, il silenzio nelle orecchie, i colori dei pesci, il volo marino delle tartarughe, il pesce palla mascherato.
Ci sono molte più specie di coralli di quanto sappia la gente comune, che li conosce solo dalle vetrine o dai negozi. Innanzi tutto ce ne sono di levigati e non; di squadrati e di sferici; a forma di aculei e di bastoncini, che paiono filo spinato; coralli dai riflessi giallognoli, quasi biancorossi, del colore che hanno talvolta gli orli dei petali delle rose tea, coralli rosa giallicci, rosa, rosso-mattone, rosso-barbabietola, e infine quelli simili a gocce tonde di sangue rappreso. Ce ne sono di perfettamente tondi e di semitondi; coralli che paiono piccoli barilotti e altri piccoli cilindri; ci sono coralli dritti, sbilenchi e persino gobbi. Ci sono stelle, spine, fiori. Esattamente così è la barriera corallina di Berenice, proprio come racconta Joseph Roth. Ma oggi la realtà è solo una: i colori stanno appassendo. E balliamo, come ballerine di danza classica facciamo piroette nell’acqua. Ballando, ballando, riemergiamo in superficie ed ancora una volta il ballo ci segue. Prendiamo una tavola da wind surf, una vela e qui balliamo, però questa volta un lento. A coppia, tu e la vela al tramonto, sotto di te un pavimento in continuo movimento, questa è la cosa più difficile. Il wind surf è un pensiero triste che si balla, proprio come il tango di Borges. Un lamento amoroso sulla calma del mare.
Dal diario di Clarissa
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